“Ho visto ed ho creduto” (Cfr Gv 20,8) – Ricordi di un’odissea

Viaggio di condivisione del 2008

L’anno 2007, il 15 del mese di agosto, nella solennità dell’Assunzione della Madonna in cielo, scrivevo, da parte del mio Vescovo un invito rivolto all’Associazione Neema a recarsi nella mia Diocesi, nella parrocchia San Giuseppe di Kirungu. Ispirandomi all’At 16,6-10 intitolavo l’invito : ” Passa in Macedonia ed aiutaci “. oggi, dopo l’odissea che abbiamo fatto con alcuni amici e fratelli di Neema, questo sogno è diventato realtà. Ne sono meravigliato, pieno di gioia e devo testimoniare, riferendomi stavolta, a Gv 20,8: ” Ho visto e ho creduto”. Ho visto i membri di Neema all’opera e ho creduto all’azione dello Spirito Santo in loro. Ne voglio ora testimoniare. Da che mondo è mondo, l’azione salvifica di Dio si iscrive sempre in tempi, luoghi e circostanze precise. L’azione di Dio non è mai atemporale, mai mitica. Volevo dunque prima di consegnare questa testimonianza – che avrei voluto tenere nel mio cuore, ma che tanti mi hanno chiesto di condividere –  descrivere brevemente il quadro spazio-temporale nel quale ” ho visto ed ho creduto”. Voglio dunque far precedere la mia brevissima testimonianza dalla nostra odissea, che è il quadro storico e temporale nel quale Dio ha agito, anche questa volta. Si parte da Montevarchi, la notte del venerdì 08.08.08, bella coincidenza! Amici e familiari ci accompagnano alla stazione con un cartello indimenticabile. Solo qualche minuto dopo siamo ad Arezzo. Qualche ora più tardi siamo a Bologna. La notte passa quasi bianca, cosicché  anche quando stiamo lasciando l’Italia neanche lo stesso capo della missione se ne accorge: sta dormendo, facciamola breve! A farla più lunga però ci precede nel viaggio, sognando è già arrivato a destinazione. Dopo il pisolino che dal capo passa anche ai membri ci ritroviamo ad Amsterdam. Non tanto lontano dall’Italia, ma molto più lontano dai nostri legami. Tante ore dopo siamo ancora sempre più lontano dalla terra italiana ma più uniti dalla comune provenienza, anche se ora gli italiani cominciano ad essere più visibili di me. Siamo dunque a Dar es Salam, solo dopo circa un giorno dalla partenza di Montevarchi. Un bel viaggio fino qui! Dopo una nottata a Dar, il giorno successivo non si sa esattamente quando deve aver luogo il prossimo volo verso Kigoma comunque sia, dopo una certa “ginnastica” siamo a Kigoma, cioè a qualche centinaio di chilometri dalla nostra meta. Sento i miei compagni di viaggio felicitarsi di aver percorso più di diecimila chilometri in meno di 48 ore. Pensano essere quasi arrivati…soltanto cambiano i mezzi di trasporto, ora si deve prendere una piccola nave per attraversare il lago Tanganika, grande quanto l’Adriatico. Ma quando? Nessuno lo sa, neanche gli stessi marinai! Funziona così in questa parte del mondo! Passa due giorni d’attesa, i miei cominciano ad essere impazienti, pensano ai pochi giorni che hanno a disposizione per questa missione. Capisco meglio in quei giorni che costa molto poco un soggiorno in più in un hotel delle preoccupazione che crea a livello psicologico un viaggio che non finisce più. Finalmente si parte da Kigoma. Una notte basta per la traversata del lago, siamo ora nella Repubblica Democratica del Congo, a Kalemie. Ma è già il quinto giorno del viaggio. Dobbiamo ora proseguire in macchina, gli amici desiderano arrivare il più presto possibile a destinazione, ma la jeep che dobbiamo utilizzare è da riparare per viaggiare più sicuri. Si aspetta quindi ancora un giorno ed è l’ottavo giorno dalla partenza dall’Italia che si fa l’ultimo tratto della “fase andata” dell’odissea. Ci vogliono 17 ore per percorrere 336 km, quella non è una strada!! Meno male, il sorgere del sole ed il suo tramonto , i paesaggi, la fame, la curiosità occasionano delle soste che rifanno il corpo. Lo scherzo, il riso ed il sonno che ci ruba ogni tanto da noi stessi, ci fanno da anestesia in questo viaggio faticosissimo. La notte è appena iniziata quando finalmente, questo il 15.08.08 arriviamo a destinazione a Kirungu. È esattamente un anno da quando avevo scritto l’invito al quale rispondevano ora gli amici di Neema. È un caso che sia di nuovo nella festa dell’Assunzione della Madonna in cielo? Assolutamente no! La Madonna è stata con noi! Mentre pensavamo aver perso troppo tempo nel viaggio , lì tutti ci dicono il contrario: ” 8 giorni da Montevarchi a Kirungu è un viaggio velocissimo!” ce lo dice perfino il Vescovo! Comincia ora la missione. Si tratta di fare una ricognizione del luogo e degli uomini che lo abitano. Incontriamo subito il Vescovo ed il parroco. Facciamo degli incontri con un comitato che rappresenta la popolazione del villaggio. Visitiamo le scuole, l’ospedale, il lebbrosario, la sorgente d’acqua dalla quale il villaggio prende l’acqua, la diga che alimenta la corrente. Visitiamo pure delle famiglie e delle comunità religiose. Un giorno assistiamo all’incontro di ciò che si chiama la comunità ecclesiale di base. Per due domeniche interveniamo nella celebrazione eucaristica facendo delle letture in italiano, partecipando alla preghiera dei fedeli, parlando ai fedeli durante gli avvisi, partecipando alla lunga processione offertoriale. Assistiamo anche a qualche altro momento della vita di questo villaggio: ci fermiamo ad un lutto, si vede una partita di calcio. Un altro giorno viviamo sulla nostra pelle la seccatura che i servizi dell’amministrazione pubblica, non pagati, esercitano tutti i giorni sugli abitanti. Siamo fermati per motivi insignificanti, se non fosse intervenuto il sindaco che avevamo salutato qualche ora prima , avremmo pagato chissà quanti soldi. Si esce anche da Kirungu per visitare altri villaggi. Insomma 9 giorni intensissimi ci consentono di farci un idea del villaggio e dintorni. Il viaggio del ritorno sembra più facile perché ci siamo già abituati alle strada ed alle persone. Passiamo solo un giorno a Kalemie perché il giorno successivo troviamo già una nave che ci riporta a Kigoma, ma dobbiamo aspettare il giorno in cui avevamo prenotato l’aereo per Dar. Quando però arriva questo giorno il volo viene soppresso. Perdiamo la coincidenza con il volo di ritorno in Italia ed un giorno di lavoro, ma siamo comunque felici della missione ora compiuta. Questo è il quadro esterno. Mi interessa ora l’interno, la testimonianza che gli amici con i quali ero hanno dato a Kirungu e lungo il viaggio, lo spirito con il quale hanno agito. Non basta aver la buona volontà di aiutare il prossimo, ci vuole anche tanta pazienza e molto coraggio per vincere gli ostacoli che non mancano nella trasformazione di una buona intenzione in un’azione concreta. Questa è una grande lezione di questo viaggio. A questo proposito sono rimasto molto colpito dal coraggio e dalla pazienza che hanno caratterizzato i fratelli di Neema. Il viaggio già era molto difficile per loro. Tante volte abbiamo incontrato l’ostilità dei servizi pubblici in Tanzania come in Congo, ma hanno vissuto tutte queste difficoltà con serenità e con uno spirito che mi ha sconcertato. Dietro questo spirito credo di aver visto lo Spirito Santo all’opera. Avessero solo voglia di viaggiare come alcuni lo pensano, non verrebbero assolutamente in Congo, anche perché il mio invito era chiaro sul fatto che il viaggio non sarebbe stato facile. Consentire con coraggio una così grossa fatica per il bene altrui mi fa ancora riflettere. Alcuni dei miei compaesani mi hanno reso partecipe delle loro impressioni su queste persone di Neema. Sono rimasti particolarmente commossi, ed io con loro, dalla semplicità che appariva persino nel loro modo di vestirsi, dalla loro capacità do “spogliarsi” della loro cultura per entrare in quella dell’altro, dal loro sforzo di farsi un po’ congolesi, di mettersi nella pelle congolese per capire meglio il Congolese, per annunciargli il Vangelo dell’Universale fratellanza in Cristo. Per capire l’eloquenza dei loro atteggiamenti è meglio ricordare che i pochi bianchi che vivono in zona non hanno gli stessi atteggiamenti di questi. Vivono molto lontano dalla gente, con qualche residuo del colonialismo. E quindi vedere questi miei compagni di viaggio giocare con i bambini dopo la messa o durante un giro nel villaggio, era un evento insolito, che radunava delle folle in brevissimo tempo. Parlavano forte, fortissimo, questi semplici gesti come andare in una capanna dove si raduna una comunità ecclesiale di base, mettersi a sedere insieme a loro sui mattoni di fango che fanno da sedie, per condividere con loro un’esperienza di fede. Ha colpito molto anche la loro partecipazione attiva alla messa, si vedeva bene che da loro non si balla in chiesa: andavano contro senso nella processione offertoriale. Anche se leggevano in una lingua che altri non capivano tanti mi hanno confidato :”la messa è davvero uguale nel mondo intero. Il Dio che preghiamo qui è lo stesso che il loro. Con questi tuoi amici sentiamo che l’Europa è molto più vicina a noi.” Non è tanto con le cose materiali che si aiuta ma soprattutto con la propria persona. In questo processo la semplicità è una virtù insostituibile. È un’altra lezione di questa esperienza. Un’altra testimonianza da rendere è quella della loro compassione pronta a tradursi in azioni proficue ad un numero più grande di beneficiari. Lo scopo del viaggio era Kirungu. Qui, anche se la scuola tecnica che chiedevano gli abitanti superava un po’ le loro forze attuali, avevo capito l’importanza della richiesta, hanno promesso di darsi da fare per esaudire la richiesta. Quando si esce da Kirungu, si vede una miseria ancor più acuta di quella di Kirungu. Ho visto le lacrime di compassione di uno del gruppo davanti a dei bambini, ma non erano vane lacrime, si sono concretizzate in due piccoli progetti idraulici improvvisati lì per lì per alleviare un po’ la dura sorte altrui. Non è esagerato, vedendo questo, pensare a Gesù che, preso dalla compassione, moltiplica i pani per sfamare la folla. È possibile interpretare diversamente i fatti dell’odissea che ho raccontato qui giacché anche il giorno che lo Spirito Santo discese sugli apostoli alcuni li credevano ubriachi. Ma mi sia lasciata la libertà di riconoscervi la mano dello Spirito Santo e della Madonna. L’HO VISTO E L’HO CREDUTO.

Abbè Boniface Lukena