La forza della semplicità

Viaggio di condivisione del 2015

La savana, la gigante palla di fuoco all’orizzonte, occhi neri che ti divorano.. Fin da subito si capiva che il primo impatto con l’Africa sarebbe stato penetrante, senza filtri. E così è stato. La bellezza della natura e l’immensità di luoghi toglie il respiro sin dal primo momento che arrivi in Tanzania. Non è il rumore caotico, non è l’odore (talvolta nauseabondo) dell’aria ma lo stravolgimento di ogni regola a cui ordinariamente ti affidi nella tua comoda vita quotidiana. Il loro cibo è gustoso e ma allo stesso tempo più sporco, il cielo è più grande ma più nero (la via Lattea fa da lampione al posto delle luci dell’uomo), le piante sono più verdi, più rigogliose e più inquietanti, gli animali sono più maestosi ma pericolosi.
Superati i primi nervosismi, dopo aver scoperto che l’acqua non esce ne’ dalle docce e ne’ dai rubinetti (sembra una banalità ma non lo è, fidatevi..) si cede il passo alla curiosità e poi, infine, alla commozione. Quel posto è troppo grande per te. Anche per la tua anima. Specie per la tua anima. A niente ormai servono più le tue vecchie tradizioni, i tuoi vecchi schemi non appena entri in contatto con i Tanzaniani. Strana specie la loro. Cantano, cantano, cantano e ballano. Ma quanto ballano? Ma soprattutto quanto sono bravi? I nostri più bei cori pomposi e pompati appaiono mediocri dopo aver sentito le melodie africane accompagnate dai loro famosissimi strilletti (ho provato per un mese a urlare come loro, non è possibile). La seconda lezione di vita arriva, come uno schiaffo, subito dopo che ti imbatti nei loro sorrisi. Occidentalmente parlando dovrebbero essere super depressi. Quanti like hanno nella loro foto del profilo di fb? Quanti Ryanair avranno mai preso? Nessuno. Mai. Eppure sono sempre contenti. Ma perché? Perché.. continuavo a ripetermi incontrando sempre più persone. Eppure il mondo africano conosce molto bene la violenza e la malattia. Cosa gli permette di avere tale invidiabile dignità? Niente. Proprio questo. Niente. Quando non hai niente non puoi che essere felice. Ancora una volta sei vivo e puoi gioire di un altro giorno, la polenta è più buona, l’acqua è più dissetante e il pallone da calcio non è mai stato così accattivante; e domani? chissà.. intanto mi godo oggi. E sorrido. Ma non solo.. questi strani Tanzaniani (io ho avuto l’onore di vivere tra loro per un mese, nel villaggio di Mkongo) sono pure generosi. Ma come? Eppure è così. Ricordo stavo ballando, o almeno tentavo di abbozzare una parvenza di ballo africano, e una vedova abbastanza in là con gli anni e decisamente povera, si avvicinò a me, mi sorrise e tirò fuori dalla sua tasca un dono per me. 1000 shilingi  (30 centesimi). Probabilmente era ¼ di quello che possedeva ma niente di tutto ciò è bastato a impedirle di donarmi qualcosa di suo. Terza lezione di vita. Che cos’è la generosità in Europa? A Firenze? Quando mi avanzano 20 centesimi li dono in offerta? ma..
Ancora, il silenzio. Un altro elemento pressoché assente nelle nostre velocissime giornate.. Quanta meditazione in quelle savane. Più era immenso il paesaggio più aumentava il silenzio. Non ti restava allora che parlare con te stesso, pur di dialogare con qualcuno. È una riflessione che auguro ai molti. Constatando specialmente la freneticità dei nostri tempi.
Concludo proclamando la mia infinita gratitudine verso i miei accompagnatori che mi hanno permesso di conoscere la VERA voglia di vivere. E di aver trasformato una fredda e arrogante ragazzina, capitolata di fronte all’umiltà di coloro che forse sono più civili di noi. La speranza è che chiunque goda di tale tenerezza.

Un saluto africano

Letizia